Secondo un rapporto dell’organizzazione di ricerca Freedom House, finanziata dal governo degli Stati Uniti, nel 2023 in Ungheria la democrazia sotto il primo ministro Viktor Orbán è ulteriormente regredita: già nel 2022 una risoluzione approvata a larga maggioranza dal Parlamento Ue aveva definito «autocrazia elettorale» il Paese, dove dal suo ritorno al potere nel 2010 il leader nazionalista ha gradualmente ridotto le voci contro. E con il progetto di legge che si appresta a presentare il suo partito Fidesz, il bavaglio è destinato a diventare ancora più stretto.
Orban da sempre non vuole intromissioni straniere nella politica magiara
Da oltre un decennio Orban sostiene che entità straniere si stiano intromettendo nella politica magiara, operando sotto l’influenza di Bruxelles e/o Washington, in ogni caso contro l’interesse nazionale. Il progetto di legge del partito di governo Fidesz, di cui non sono stati rivelati i dettagli, prevede – questo si sa – la creazione di un nuovo ufficio incaricato di indagare sulle attività che minacciano la sovranità dell’Ungheria. La nuova legislazione dovrebbe applicarsi ai finanziamenti esteri dei partiti politici e, forse, anche dei media e delle organizzazioni della società civile che Orban ha accusato a più riprese di operare per conto di Ue e Stati Uniti.
La legge anti-Ong del 2017, poi bocciata dalla Corte di Giustizia europea
Già nel 2017 Budapest aveva approvato una controversa legge anti-Ong, che introduceva un nuovo status di “organizzazione sostenuta dall’estero” per tutte le associazioni ungheresi che ricevono finanziamenti esteri superiori a 7,2 milioni di fiorini (circa 23.500 euro) all’anno. La legge, concepita secondo il governo per garantire la trasparenza delle Ong,nel 2020 era stata poi bocciata dalla Corte di Giustizia europea in quanto «restrizione discriminatoria e ingiustificata» al diritto comunitario della libera circolazione dei capitali e al rispetto della vita privata. Nel 2021 il parlamento magiaro l’aveva così abolita, in un’apparente concessione allo stato di diritto.
La nuova stretta alla libertà di stampa in vista delle elezioni del 2024
Nonostante gli intoppi legali e le critiche internazionali, Orban ha continuato a sostenere che i suoi oppositori siano sobillati da forze esterne. A settembre, durante una riunione del partito, si è lamentato ancora dei finanziamenti provenienti dall’estero, citando gruppi della società civile e media «finanziati da Bruxelles o attraverso la rete di Soros». E adesso, con il Paese che si appresta a entrare in modalità campagna elettorale in vista delle delle europee e delle amministrative del 2024, Orban è pronto a mettere a tacere ogni voce contro.
Crescono i timori, ma se la nuova legge fosse invece tanto fumo e poco arrosto?
Telex, uno dei pochi media indipendenti rimasti in Ungheria, ha avvertito i cittadini che, «con il pretesto di proteggere la sovranità», il governo di Orbán ha in realtà «dichiarato guerra alla stampa che lo critica». L’accettazione di finanziamenti esteri da parte dei partiti politici è già vietata e «ci sono buone ragioni dietro a ciò», ha detto Stefánia Kapronczay, direttrice strategica dell’Unione ungherese per le libertà civili. Tuttavia, c’è il timore che la legge voluta da Fidesz possa «limitare la partecipazione alla vita pubblica e il funzionamento della stampa libera». Gábor Polyák, professore ungherese specializzato in diritto e politica dei media, citato dal Guardian ha dichiarato che «è l’ennesima minaccia legale contro le Ong e i media indipendenti». C’è anche, però, chi sostiene che dietro al fumo ci sia poco arrosto. «Di solito Fidesz avvia una campagna diversiva quando vuole distrarre la gente da problemi reali, come l’inflazione, le condizioni dei nostri sistemi educativi, sanitari e di servizi sociali», ha affermato Márton Tompos, parlamentare del partito di opposizione Momentum. «Se il governo volesse davvero iniziare a reprimere le questioni che mettono a repentaglio la sovranità dell’Ungheria, dovrebbe iniziare con i propri accordi con Mosca e Pechino».
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