Come Aurelio De Laurentiis è riuscito a rompere il giocattolo Napoli da lui costruito

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Costruire il giocattolo, rompere il giocattolo. C’è qualcosa del regresso all’infantilismo in questa assurda stagione del Napoli fresco di scudetto. E di questo regresso l’artefice è colui che dopo essersi cucito il tricolore sul petto ha deciso di mettere da parte ogni indugio per scendere in campo da protagonista assoluto: il presidente e patron Aurelio De Laurentiis. Che dall’inizio della sua avventura nel mondo del calcio, anno 2004, è stato elogiato e indicato come un modello di gestione dell’azienda calcio. Ma che proprio dopo avere raggiunto il culmine, con la vittoria del campionato nell’approssimarsi del ventennio al vertice della società azzurra, ha dato il via a uno spettacolare cammino versi lo smantellamento dei risultati e della reputazione. Come fosse una stagione di sabbatica dissipazione e con l’augurio, per i tifosi del Napoli, che soltanto di un anno si tratti.

Il Napoli aveva azzeccato l’azzardo tecnico di Kim e Kvaratskhelia

Un anno fa di questi tempi ci si trovava a elogiare uno stile gestionale che, oltre all’equilibrio economico, programmava l’azzardo tecnico. Il Napoli era riuscito a centrare un triplice obiettivo: cedere a prezzi di estremo vantaggio alcuni fra i calciatori più importanti della sua rosa (Kalidou Koulibaly e Fabiàn Ruiz), lasciare andare via da svincolati alcuni fra i protagonisti principali delle stagioni più recenti (nonché idoli della tifoseria, come Lorenzo Insigne e Dries Mertens) con l’effetto di alleggerire il monte-ingaggi, e infine impiegare soltanto parte del saldo attivo da calciomercato e dismissioni acquisendo atleti che hanno reso più forte la squadra (come il sudcoreano Kim e l’impetuoso georgiano Kvicha Kvaratskhelia).

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Il difensore sudcoreano Kim passato dal Napoli al Bayern Monaco (Getty).

Interrotto l’oligopolio Inter-Juventus-Milan che durava dal 2001-2002

Un’impresa da dieci e lode che ha fatto del Napoli 2022-23 una storia da raccontare e tramandare, espressa sul campo attraverso una squadra capace di incantare l’Italia e l’Europa per almeno tre quarti di stagione e di portare finalmente a Napoli l’agognato terzo scudetto, oltre a rompere l’oligopolio InterJuventusMilan che in Serie A durava ininterrottamente dalla stagione 2001-02. Insomma, un’avventura unica e forse irripetibile. Ma proprio qui sta il punto: unica e irripetibile. Sia la stagione, sia l’ardita mossa di rivoluzionare i ranghi della squadra durante un’estate presentandosi più forti ai nastri di partenza.

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Aurelio De Laurentiis con Luciano Spalletti (Getty).

Con Spalletti e Giuntoli lui poteva fare il patron illuminato

Il Napoli che ha trionfato è stato il frutto di un’eccezionale chimica, un mix di elementi che hanno saputo dare il massimo sia in termini individuali sia di contributo all’insieme: squadra che giocava un calcio di massima avanguardia; allenatore Luciano Spalletti, che ruotava con maestria una rosa di giocatori abbondante e assortita; società in cui ciascuno riusciva a svolgere il suo ruolo senza sconfinare nelle prerogative di altri. In particolare c’era la funzione chiave del capo dell’area tecnica, Cristiano Giuntoli, che negli anni più recenti ha costruito pezzo dopo pezzo il Napoli del terzo scudetto lavorando in silenzio e lasciando che la scena venisse occupata dal presidente. Che dal canto suo ha potuto disegnarsi intorno un profilo da patron illuminato, capace di mettere su un modello di azienda calcistica straordinariamente virtuoso, specie se lo si confronta col generale panorama dissipatorio del calcio nazionale.

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Aurelio De Laurentiis allo stadio. Dietro di lui anche Osimhen (Getty).

Gasato dall’impresa, De Laurentiis ha pensato di essere il vero fuoriclasse del Napoli

C’è da aggiungere un elemento, forse il più significativo nell’annata che ha dato al Napoli il terzo scudetto: mai come durante la stagione 2022-23 il presidente è stato dentro il proprio ruolo, resistendo alla tentazione dell’invasione nelle prerogative altrui. Ma poi con l’avvicinarsi del trionfo gli equilibri sono andati in mutamento. Il rapporto con Spalletti, giunto soltanto alla seconda stagione, era già logorato; né, visto il carattere dei due e la lunga tradizione di rapporti con gli allenatori che per il presidente sono andati regolarmente a chiudersi in modo pessimo, ci si poteva aspettare qualcosa di diverso. E infine c’è stata la conclusione del rapporto con Giuntoli, che ha preferito rispondere alla chiamata della Juventus. A quel punto De Laurentiis, gasato dall’impresa del terzo scudetto e convinto di essere artefice unico del modello Napoli e dell’impresa realizzata, deve avere creduto di possedere il dono dell’infallibilità e di essere lui il vero e unico fuoriclasse del Napoli. Una fuga dalla realtà che ha immediatamente segnato le sorti della stagione 2023-24.

Scelte funzionali a rafforzare il profilo dell’uomo solo al comando

Nelle analisi dei motivi che hanno portato a una stagione fin qui così al di sotto delle aspettative ci si sofferma molto sulla partenza di Kim, che nella stagione della vittoria aveva sostituito Koulibaly facendolo dimenticare in fretta. Il sudcoreano non è stato adeguatamente sostituito al centro della difesa e questo è stato certamente un punto di debolezza. Ma gli stenti del Napoli 2023-24 non possono certo essere imputati alla partenza di un calciatore, né alla sola dimensione di campo. Vanno piuttosto prese in considerazione le scelte fatte in estate, tutte oggettivamente funzionali a rafforzare il profilo dell’uomo solo al comando.

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Rudi Garcia (Getty).

Garcia, Meluso, ora Mazzarri: la piazza è sempre più sconcertata

L’allenatore, Rudi Garcia, è stato accolto da un immediato scetticismo che purtroppo si è rivelato motivato col passare delle settimane. Ma anche la decisione di affidare il ruolo di Giuntoli a Mauro Meluso, serio professionista e degnissima persona ma rimasto fuori dal giro, ha avuto l’effetto di rafforzare la figura del presidente-patron. Fra l’altro, circola con sempre maggiore insistenza la voce che vorrebbe anche Meluso in uscita. Con l’effetto di far segnare una clamorosa sconfessione delle scelte compiute da De Laurentiis in estate, senza che lo stesso presidente ne paghi le conseguenze. Lui costruisce, lui sfascia. Provando fra l’altro colpi a sensazione che per il momento hanno il solo effetto di sconcertare la piazza. Come il ritorno sulla panchina di un Walter Mazzarri in fase calante di carriera e dopo che 10 anni fa il rapporto fra le parti si era interrotto in modo tempestoso.

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Walter Mazzarri (Getty).

Auguri a tutti. Compreso lo stesso De Laurentiis, avvistato al fianco del governatore campano Vincenzo De Luca per la presentazione del libro Nonostante il Pd. Chi c’era racconta che il numero uno del Napoli ha detto di essere «né di destra né di sinistra, ma un uomo libero», e che quanto al Partito democratico «sta vivendo il momento meno valido della sua storia». Beh, non è che di questi tempi il suo sia tanto meglio, caro presidente.

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