Se le concessioni balneari sono scadute, gli stabilimenti non possono pretendere pagamenti per usufruire della spiaggia perché diventano abusivi.
Lettino, ombrellone e sdraio saranno prêt-à-porter per tanti bagnanti dall’estate 2024. Anche in location esclusive o generalmente riservate ai “vip”: la spiaggia senza concessioni balneari resta bene pubblico, fruibile da tutti. È quanto sostiene l’ultima sentenza del Consiglio di Stato, in un tiro alla fune col governo Meloni che, opponendosi alla direttiva Bolkestein, ha impedito la messa al bando delle licenze per i gestori degli stabilimenti balneari.
Ciò vuol dire che se un vecchio proprietario ha visto scadere la concessione balneare nel 2023 e non gli è stata rinnovata, la spiaggia precedentemente data in gestione dal Comune torna all’amministrazione come bene pubblico. Un duro colpo per l’economia turistica, ma un’ottima notizia per chi invece vuole godersi la spiaggia senza dover sborsare cifre astronomiche per un lettino fronte mare: a storcere il naso, ovviamente, sono soprattutto gli stabilimenti patinati, dediti alla movida estiva o soliti accogliere una clientela selezionata. Cambiano così le regole per l’estate 2024, e i giochi non premiano i gestori abusivi.
Tiro alla fune tra governo Meloni e Consiglio di Stato: spiagge aperte se prive di rinnovi
Per comprendere quello che sta succedendo, bisogna fare un passo indietro. A fine aprile 2024 il Consiglio di Stato, il massimo tribunale amministrativo di Stato, ha bocciato con una sentenza la decisione del governo di estendere le concessioni balneari dal 31 dicembre 2023 fino a fine 2024. Per il Consiglio di Stato la decisione del governo non è perciò valida, il che vuol dire che anche se le concessioni sono state rinnovate automaticamente, da un punto di vista legislativo non sono valide, poiché in contrasto con la direttiva europea Bolkestein sulla concorrenza.
Il regolamento europeo, che ha un’autorità sovranazionale rispetto a quello in vigore in Italia, stabilisce che le concessioni demaniali siano periodicamente attribuite con bandi di gara. In Italia, in particolare, vengono cedute in media ogni 10 anni a canoni vantaggiosi dal Comune a dei gestori, mentre la direttiva Bolkestein impone che siano assegnati con procedura di gara trasparenti e competitive.
Di fatto il governo Meloni, con una “proroga tecnica” non riconosciuta però dal Consiglio di Stato, rischia che l’Unione europea la sanzioni per non aver liberalizzato il settore, favorendo la concorrenza come previsto dalla direttiva Bolkestein. Per “tutelare” i gestori degli stabilimenti balneari, il governo ha perciò proceduto a riconoscere le autorizzazioni sulle spiagge almeno fino al 31 dicembre 2024, ma per il Consiglio di Stato comunque se non ottenute con gare partecipate, pubbliche, competitive e trasparenti, quelle concessioni sono abusive.
Stabilimenti senza autorizzazioni: cosa succederà?
Ciò vuol dire che se uno stabilimento oggi non è in regola, è nostro diritto per legge metterci piede a titolo gratuito, con tanto di ombrelloni, lettini, sdraiette e senza pagare alcun canone per sostare in spiaggia.
Questo non vuol dire che gli stabilimenti quest’anno non siano aperti, ma che dovranno mettersi in regola il prima possibile. Per farlo, i Comuni dovranno indire delle gare di assegnazione degli appezzamenti di spiaggia. Il Consiglio di Stato ha infatti ribadito “la necessità, per i Comuni, di bandire immediatamente procedure di gara imparziali e trasparenti per l’assegnazione delle concessioni ormai scadute il 31 dicembre 2023”. La responsabilità, ora, è quindi in mano alle amministrazioni territoriali, che dovranno farsi carico di indire dei bandi pubblici e limitare i danni sulla stagione estiva: molti gestori infatti, in assenza di licenze, si sono ritrovati impossibilitati a esercitare, col rischio di veder ridurre drasticamente gli introiti stagionali e non poter aprire le attività sulla costa. Una vera perdita per tanti bagnanti, ma soprattutto per i comuni che si basano molto sul turismo e sulla promozione del patrimonio balneare.
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