«C‘è un bisogno disperato di calore umano». L’83enne Marliss Myers lo ricorda alla cassiera del supermercato nel quale si reca ogni settimana a fare shopping. «Hai ragione tesoro», risponde abbracciandola Sharon Hechler, dietro la cassa della catena Albertsons. L’unica, forse ultima, cassiera in carne e ossa rimasta nel punto vendita di Arcadia, una città della contea di Los Angeles.

Se una cassa automatica è meglio di un cassiere in carne e ossa
L’articolo del Los Angeles Times con altri dialoghi e altre storie, dal titolo Skipping self-checkout to combat loneliness, build connection, evidenzia un filo rosso investigativo che il quotidiano segue da tempo. Da quando la solitudine è diventata una malattia in veloce propagazione. Un’epidemia. Secondo l’ultimo rapporto del Surgeon General, istituzione sanitaria statunitense, i danni sulla salute causati dalla solitudine e dall’isolamento sono equiparabili a quelli prodotti dal fumo, dall’obesità, dall’inattività fisica. Ma sotto accusa finiscono anche gli effetti della tecnologia sulle relazioni sociali. Due terzi degli americani affermano che la tecnologia ha reso più difficile relazionarsi e comportato una forte diminuzione dell’empatia. Tuttavia, il 66 per cento degli intervistati dichiara di preferire un chiosco self-service rispetto a una cassa gestita dall’uomo, perché il servizio è veloce e non si è costretti a parlare con le persone. Ma mentre l’84 per cento dei Gen Z preferisce le casse automatiche, il numero scende al 46 per cento per i baby boomer.

La solitudine scaturita anche dalla paura dell’estraneo e dello straniero
Tuttavia l’aspetto problematico sul quale concentrare l’attenzione è il venire meno, in assenza del rapporto umano, di relazioni calde ancorché definite “legami deboli”, come appunto quelle che si instaurano al supermarket; che però sono uno strumento fondamentale per mantenere il benessere emotivo. Ma aggiunto che il Covid ha dato un impulso fenomenale al ritrarsi della socialità quotidiana, col distanziamento sociale e le mascherine che hanno nascosto anche i sorrisi, va segnalato che il sentimento crescente di solitudine è generalizzato e scaturisce anche dalla paura del diverso, dell’estraneo/straniero che il montante fenomeno immigratorio sta acuendo in forme quasi patologiche. Come ci ricorda un recente speciale di The Economist dall’emblematico titolo L’arte vitale di parlare agli estranei che magnifica tre libri che sono altrettanti inni all’inclusione: Hello, Stranger, di W. Buckingham, The Power of Stranger di J. Keohane e Fractured di J. Yates. La solitudine è diventata un grande problema socio-sanitario ovunque. Nel mondo sviluppato soprattutto, ma anche in quello non. In Canada come in America Latina, in Cina, dove un anziano su quattro vive solo, e in Giappone dove nel 2017 sono state circa 45 mila le persone decedute in una situazione di totale abbandono e senza esequie. Ma anche in Italia sono lontani i tempi in cui – Anni 80 e 90 – la parola single faceva fine e profumava di libertà. «I soli», cantava Giorgio Gaber, «sono individui strani/non si sa bene cosa sono/forse ribelli forse disertori/ nella follia di oggi i soli sono i nuovi pionieri».
Il 13 per cento dei cittadini Ue dichiara di sentirsi solo
Attualmente secondo un survey dell’Unione europea che ha coinvolto 25 mila persone, il 13 per cento dei residenti Ue ha detto di sentirsi solo per la maggior parte o per tutto il tempo. Mentre un precedente Eurobarometro del 2020 indicava nel Lussemburgo e nell’Italia i Paesi con il maggior numero di persone sole, entrambi con una percentuale del 12 per cento, che dichiaravano di «non avere nessuno a cui chiedere aiuto in caso di bisogno». Sempre nel 2020, in piena pandemia, il 55 per cento degli italiani, ha dichiarato di sentirsi solo e senza amici. Con la novità però che i più colpiti dall’epidemia di solitudine erano i giovani (32 per cento) nella fascia d’età 18-34 anni. Sono però da paura gli scenari prospettati dall’Istat relativamente agli over 75 (che attualmente sono 7.058.755, cioè l’11,7 per cento della popolazione totale) e al numero di famiglie con un solo membro, che attualmente sono 8,5 milioni, ma che secondo le previsioni demografiche dello stesso Istituto, nel 2041 saliranno a 10,2 milioni, +16,2 per cento sul 2021.
Il boom delle casse automatiche in Usa e il passo indietro dell’Olanda
Insomma la solitudine di vecchi e giovani, uomini e donne è tanta e in progressivo aumento. La “società automatica” che si intravvede è un mix paradossale di gente che fa rete e community, ma stando seduta da sola in casa davanti a uno schermo. Scontando come ulteriore fattore di rarefazione di umanità la quasi certa possibilità di dovere fare i conti in molti momenti dello shopping fuori casa con assistenti e cassieri virtuali. Negli Usa le casse automatiche sono onnipresenti, costituiscono quasi il 40 per cento delle corsie nelle catene alimentari e secondo una proiezione del Bureau of Labor Statistics, il numero di cassieri dovrebbe diminuire del 10 per cento dal 2021 al 2031, una perdita di circa 335 mila posti di lavoro (tra il 2011 e il 2021, il numero è rimasto sostanzialmente invariato a 3,3 milioni). In Europa e in Italia il trend è meno marcato, ma secondo un rapporto di McKinsey, del 2017 però, si prevedeva che nel nostro Paese circa la metà dei lavoratori avrebbe potuto essere sostituita nel giro di pochi anni dai robot e che i settori più a rischio fossero quelli più semplici e ripetitivi come, appunto, le casse dei supermercati. In Olanda invece, che è stato uno dei Paesi più avanti nella introduzione di casse automatiche, si sta cercando di tornare indietro. La catena di supermercati Jumbo ha iniziato a creare corsie intenzionalmente lente in diversi punti vendita per gli acquirenti più anziani o per chiunque desideri più tempo per conversare con i cassieri.

In Italia il problema della solitudine della terza età viene confinato nelle Rsa
E qui si evidenzia in modo clamoroso come l’attenzione al problema forse sia più presente nell’ambito privato che in quello pubblico. Tuttavia, ribadito che da soli ci si ammala di più (20 punti percentuali), si deve anche osservare come non esistano dati, anche economici, sui danni procurati dalla solitudine. In Inghilterra nel 2018, con il governo di Theresa May à stato istituito un ministero della Loneliness e tre anni dopo analoga istituzione è stata inaugurata in Giappone. Da noi invece si fa finta di niente. A eccezione di istituzioni caritatevoli, la nostra classe politica è incapace di misurarsi seriamente con la solitudine della terza età, confinandola a mera questione da Rsa. Quando invece, soprattutto dopo la pandemia, servirebbero urgenti politiche attive per le terza e quarta età, avendo come obiettivo “vecchi in forma” o se preferite “nonni atletici”. Ma ancor più grave è l’assenza di percezione e visione dei pericoli incombenti sulla società intera. Dove il rischio di sentirsi, ma anche di essere, realmente soli è una minaccia reale. Che riguarda tutti, ma soprattutto i più giovani. Automazione e digitalizzazione, ovvero i due driver di cambiamento più forti per i prossimi anni, sono oggettivi nemici della socialità, della comunanza e in ultima analisi della solidarietà, della vicinanza. Averne almeno consapevolezza è la precondizione perché non ci si ritrovi più o meno tutti e in numerosi momenti della nostra vita nella condizione di sentirsi «come quando qualcuno ti invita a una festa… tu non ci vai… E nessuno se ne accorge…».
Powered by WPeMatico