È uno strano cortocircuito quello andato in scena la sera di martedì 7 novembre in Commissione di vigilanza Rai. Una battaglia di oltre due ore in cui i parlamentari del centrodestra, ma pure i renziani con Maria Elena Boschi, hanno “processato” Report per alcune inchieste delle ultime puntate (i casi La Russa, Santanchè, il testamento colombiano di Berlusconi), con Sigfrido Ranucci a ribattere colpo su colpo alle invettive di Maurizio Gasparri, che è stato a un passo dall’essere espulso dalla presidente Barbara Floridia (Movimento 5 stelle), dopo aver mostrato pure una carota in aula. Il cortocircuito è quello di un direttore dell’approfondimento, Paolo Corsini, da sempre punto di riferimento della destra a Viale Mazzini, impegnato a difendere Report (per inchieste che hanno riguardato esponenti del centrodestra) proprio dagli attacchi di parlamentari di quella fazione. «Noi non siamo Telemeloni!», ha ribadito con forza Corsini, citando a esempio programmi come quello di Ranucci, ma pure Presa diretta di Riccardo Iacona e Il cavallo e la torre di Marco Damilano. «A ottobre la Rai sta sopra Mediaset, ma è proprio questa narrazione fasulla di certi giornali sul fatto che la tivù pubblica sarebbe al soldo di Palazzo Chigi a creare disaffezione nel pubblico, col rischio proprio di farci perdere ascolti», ha evidenziato Corsini, che a tal proposito ha mostrato pure un sondaggio interno.
Il senatore Gasparri porta il cognac in Vigilanza Rai, tira fuori una carota e annuncia che denuncerà la Rai per non aver rimosso un commento sotto un post pic.twitter.com/8icr5rBy4f
— Il Grande Flagello (@grande_flagello) November 7, 2023
Pronti a togliere la tutela legale al programma di Ranucci
Qualcuno poi sostiene che il nervosismo della maggioranza nei confronti di Ranucci dipenda dall’arrivo di inchieste che riguardano altri esponenti del centrodestra. «Sarà roba grossa», racconta un deputato bene informato. Staremo a vedere. Sta di fatto che un tentativo di tagliare le ali a Report è in corso, come dimostra la volontà espressa da Maurizio Gasparri, ma pure da Matteo Renzi, di togliere la tutela legale al programma, che significherebbe la sua fine, viste anche le decine di procedimenti in corso tra cause e richieste di risarcimento danni. Tutti sono nervosi, dunque, anche lo stesso Ranucci che, dopo il botto di ascolti della prima puntata (oltre l’11 per cento), ora si è assestato su una media del 7,4 (domenica 5 novembre al 6,4 per cento), in calo ma comunque sempre un buon risultato, soprattutto a fronte dei numerosi fallimenti Rai.
In bilico Avanti popolo, che costa 200 mila euro a puntata
«Tireremo le somme alla fine dell’anno», sostiene il direttore generale Giampaolo Rossi, in queste ore coinvolto pure in una polemica con Corrado Augias. Ma dopo il disastroso 1,8 per cento (312 mila telespettatori) di Avanti popolo (strabattuto da Giovanni Floris e da Le Iene), il vertice potrebbe esser costretto a intervenire prima sul programma di Nunzia De Girolamo. Per molti dentro l’azienda Nunzia potrebbe non arrivare a mangiare il panettone, come si suol dire. Anche perché il programma (prodotto da Freemantle) costa la bellezza di 200 mila euro a puntata. E la stessa cifra, come ha raccontato lo stesso Corsini in vigilanza, verrà spesa per Far West, il nuovo format di Salvo Sottile in arrivo il lunedì sera.
Possibile ritorno anticipato per Massimo Giletti?
Due le ipotesi: Avanti popolo verrà totalmente rivisto e trasformato dallo stesso Corsini con la squadra degli autori, oppure sarà chiuso a breve, anche se al momento non c’è un’alternativa. A meno che non si decida di anticipare il ritorno di Massimo Giletti previsto per aprile con un programma di inchieste, anche se forse c’è ancora qualche problema contrattuale con Urbano Cairo. Che una voce di corridoio dà addirittura interessato a strappare Report alla Rai. Fanta-televisione? Dopo il passaggio di Fabio Fazio al Nove, nulla può essere escluso.
Guaccero già saltata, Insegno non condurrà L’eredità
Dunque la chiusura di Liberi tutti, il programma condotto da Bianca Guaccero, potrebbe essere solo la prima di una serie, che coinvolgerebbe anche il famigerato Mercante in fiera di Pino Insegno, inchiodato al 2 per cento, contro cui nei giorni scorsi s’è scagliato il comitato di redazione del Tg2 accusando il programma di essere la causa, col suo pessimo traino, del calo di ascolti dell’edizione serale del telegiornale. E infatti pare già scontato che per la conduzione de L’eredità, cui era destinato lo stesso Insegno, si stia già guardando altrove, dalle parti di Flavio Insinna e Marco Liorni.
Bordata alla Rai persino da Pier Silvio Berlusconi
Nel frattempo Viale Mazzini si prende altri due schiaffi. Il primo è il ritorno di Beppe Grillo in tivù, non sulla Rai dove era comparso l’ultima volta (una decina d’anni fa da Bruno Vespa a Porta a porta), bensì sul Nove, dove sarà ospite domenica 12 novembre di Fazio a Che tempo che fa. L’altro arriva da Pier Silvio Berlusconi che, dalle pagine del Corriere della sera, ha invitato Viale Mazzini a «tornare a essere servizio pubblico» e a «distinguersi dalla tivù commerciale», anche se l’attuale difficoltà «non è colpa dell’attuale vertice, ma di errori del recente passato», che hanno reso l’azienda «un po’ involuta». Per il capo del Biscione, però, «è un errore ridurre il canone». Riflessione frutto del timore che la televisione pubblica possa ampliare anche solo di un paio di punti il tetto pubblicitario, com’è stato ventilato in uno degli ultimi cda dall’amministratore delegato, Roberto Sergio. E per Mediaset sarebbero dolori. Calo di risorse per Rai che preoccupano anche Monica Maggioni. «Senza la certezza delle risorse non si può progettare nulla e sarebbe un grande problema per l’azienda», ha detto l’ex presidente ascoltata in Vigilanza poche ore dopo la “battaglia” su Ranucci.
Powered by WPeMatico