Racconto viaggio in Corsica

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Ultimi preparativi, sistemazione finale delle borse…olio, sale, sapone…l’immancabile carta igienica!…c’è tutto, il necessario ed anche qualcosa in più: un po’ di musica, un paio di libri, una guida.
Il tempo di scampare ad un temporale estivo, di percorrere duecentosettanta chilometri, di un caffè, ed ecco l’imbarco a Livorno da dove, placidamente, la nave solcherà quel breve tratto di mare che ci separa dall’isola che diede i natali a Napoleone.
Un viaggio si affronta per vacanza, per fuga, per necessità, per passione del viaggio stesso, e durante il viaggio ci si confronta con nuovi posti, nuova gente…con se stessi. Una moto, una macchina fotografica ed i propri pensieri, sogni e ricordi sono quanto mi porto appresso alla ricerca di un particolare, di una stimolante diversità in questo mio viaggio in Corsica.
St. Florent mi attende immersa in un tramonto che scalda il mare di un dorato riflesso. Brulica di gente abbronzata e variopinta dai colori dell’estate. Solco questa folla a me estranea per appartarmi in un remoto angolo di un campeggio lontano dal villaggio.
Dalla veranda del bar, sorseggiando un “pastis”, ammiro la baia…la serata è deliziosa, il clima ottimale. Sulla parete, dietro il bancone, una mappa dell’isola mi ammicca alle spalle del barista. E’ il deserto che prepotentemente si fa notare. Quei pochi chilometri quadrati di terra aspra ed abbandonata che meritano l’appellativo di Desert des Agriate: l’unico del continente europeo. Qualche chiacchiera con il barista, a metà strada tra il francese e l’italiano, mi chiariscono la situazione “strade” per arrivare alla costa attraversando il deserto.
Sono queste le immagini e le emozioni che cerco in questo viaggio: quegli spettacoli naturali che spesso passano in secondo piano lasciando il passo alle discoteche ed al divertimento “forzato” delle vacanze estive… …”turista o viaggiatore” recitava un famoso film di Bertolucci: anche in Corsica si può essere viaggiatori.
Dopo centinaia di curve, e qualche domanda, trovo finalmente la pista: niente più che dodici chilometri di pietraia, a tratti insidiosa per il mio mezzo a due ruote, che taglia una macchia fitta e bassa.
La guida lenta ed attenta, la solitudine, rotta solo raramente dall’incrocio di qualche fuoristradista o “curioso viaggiatore”, ed il tempo a tratti incerto, fanno sì che il tragitto sembri quasi un viaggio in una dimensione alternativa e sconosciuta. Lo sforzo è ampiamente ripagato dal paesaggio sulla costa!
Incamminandosi lungo un sentiero che ne segue il frastagliato contorno la solitudine è totale. Il paesaggio e gli odori sono stupendi: tipicamente mediterranei. Così, inebriato dall’aroma del ginepro selvatico che arricchisce ed infittisce la macchia tutt’intorno, m’inerpico tra rocce e scogliere. Gli spunti fotografici non mancano. Sole, vento e mare sono i tre ingredienti di questo cocktail di natura allo stato puro! Ripercorrendo la via del ritorno, quasi mi spiace di aver affrontato questo tratto di Corsica all’inizio: non so se passerò il resto del viaggio a rimpiangerlo o sarò affascinato da quello che incontrerò poi.
Il dubbio non ha modo di essere elaborato al momento: troppo indaffarato a tenere su la moto tra la sabbia, i sassi e qualche torrentello in piena…merito dell’acquazzone notturno.
Il ritorno sull’asfalto allenta la tensione e le curve fino a Porto sono un piacere da gustare con calma. La bellezza del viaggio in moto si apprezza in questi casi, quando, tu, protagonista del tuo spostamento, viaggi all’interno del paesaggio, senza vederlo al di la’ di un parabrezza, come se fossi di fronte ad un televisore…ecco che i chilometri trascorsi diventano parte del viaggio stesso e non più una meta da raggiungere frettolosamente.
Dal livello del mare a più di mille metri sopra e di nuovo a filo delle onde: questa è la strada che segue la Corsica lungo tutto il suo perimetro. Un alternarsi di paesaggi che fanno sì che quest’isola racchiuda in se tutte le caratteristiche di un piccolo continente. Un’antica torre genovese, restaurata e visitabile, fa la guardia al Golfo di Porto, delimitato a nord dalla Riserva integrale della Scandola ed a sud dai famosi Calanchi di Piana.
Dal piccolo porticciolo partono giornalmente barconi dalla chiglia trasparente per ammirare le bellezze dei fondali intorno a Scandola: la parte terrestre è invece integralmente protetta e non è possibile visitarla.
Un’attenzione particolare la meritano i Calanchi che s’incontrano tra Porto e Piana. Picchi granitici di un colore ambrato che si ergono anche fino ai 1.300 mt. di Capo d’Ortu. Lasciata la moto all’ombra di “Testa di Cane”, un calanco dall’inconfondibile fisionomia, m’incammino per raggiungere “Chateau Fort” da dove si gode di una panoramica mozzafiato su tutto il Golfo di Porto.
Proseguendo verso sud, merita una deviazione il villaggio di Cargese, dove, per un “benevolo permesso” alla colonia greca che molti decenni or sono si è qui stanziata, sorge una chiesa ortodossa con tanto di scritte in cirillico! Solo una sosta tecnica ad Ajaccio, visto il caos degno di un “giorno-feriale-piovoso-invernale-a-Roma”! …si prosegue quindi per Propriano ed i suoi dintorni, per essere catapultati indietro nel tempo nella “terra della preistoria”.
I campeggi non mancano, ma trovarne uno “a misura d’uomo” non è l’impresa più semplice…finalmente ad Abbartello, lungo una strada litoranea secondaria, riesco a piantare la tenda e fare il punto della situazione beatamente sdraiato in spiaggia dove, poco dopo, mi appisolo quasi cullato dal frangersi delle onde sulla battigia…
Mi sveglia una bonaccia anomala ed un successivo vento di terra, oscuri nuvoloni incombono. Sono sicuro che non pioverà, ma per ora il sole è andato! Buon’occasione per rinforcare la moto e visitare Propriano prima di addentrarsi verso i numerosi siti preistorici che maggiormente attirano la mia attenzione.
Sebbene anche qui l’ambiente sia caotico, data la folla di turisti che imperversa, la passeggiata non è spiacevole e riesco anche a documentare alcuni simpatici aspetti di gente e vita del posto.
Una volta lessi che il miglior amico di un fotografo è un buon cavalletto, ma ciò a nulla serve se il fotografo non è in possesso di una gran virtù: la pazienza! Sono più di tre ore che mi trovo a Filitosa, uno dei più prestigiosi siti preistorici còrsi, ho fotografato praticamente di tutto, ma una, una sola foto mi manca, e non andrò via di qui fin quando il sole non illuminerà il menhir di “Filitosa V” come dico io!
Tutto, intorno, è molto interessante, data anche l’unicità della cosa nel bacino mediterraneo e, sebbene i menhir più famosi siano quelli bretoni, addirittura il quaranta percento di tutti i menhir “francesi” si trova in Corsica. Ma queste “steli” (queste “pietre lunghe”, questo è il significato letterale) cosa erano? Pietre commemorative? Religiose? …Semplicemente artistiche? Molte le ipotesi, nessuna la certezza! Intanto, all’ombra degli ulivi centenari, ammiro e riammiro questi visi appena sbozzati, montati su tronchi senza fattezze…finalmente la luce radente del sole evidenzia i pochi tratti di “Filitosa V”: un viso semplice, una spada ed un piccolo pugnale…valeva la pena aspettare? Io dico di sì.
Il “sentiero della preistoria” continua in Cauria, tra i Megaliti omonimi, il Dolmen della Fontanaccia, e l’allineamento di Menhir di Palaggiu.
Sarà l’ora mattutina od il fatto che sia abbastanza fuori mano, ma anche in questo caso mi ritrovo “circondato di solitudine”, non che la cosa mi spiaccia, anzi, sommata al sole, all’immancabile vento, ai bassi arbusti, nonché ad un silenzio che ha dell’innaturale, mi sento pervaso da una strana suggestione che quasi mi fa navigare sulle ali della fantasia per portarmi a sentire e vedere voci e volti di un remoto passato dell’umanità…non c’è che dire: anche la Cauria ha lasciato un segno nel mio animo.
Il viaggio volge al termine, Bonifacio con le sue scogliere a picco è ormai vicina. Concludo in bellezza consumando la poca pellicola rimasta tra i vicoli, le torri e le mura di questa piccola roccaforte quasi a ridosso delle coste sarde.
La sera prima dell’imbarco la passo raccontando le mie ultime due settimane ad altri motociclisti incontrati in campeggio, tutti raccolti per una cena in comune con brace e vino (còrso ovviamente), dove le esperienze sono farcite di aneddoti motociclistici e non.
La nave si allontana dall’isola e le bianche scogliere di Bonifacio sembrano sorridere, salutando così coloro che lasciano la Corsica con un bagaglio carico di bei ricordi, ricordi che rivivranno ogni volta che rileggerò i miei appunti, che vedrò le mie foto, che narrerò a qualcuno di quest’isola…ad un passo dalla realtà.


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