Roma, il Municipio VI diffonde una petizione per far ascoltare il battito del feto a chi vuole abortire

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Il Municipio Roma VI, l’unico a guida centrodestra, ha rilanciato sul proprio profilo Facebook una petizione dell’associazione anti abortista Ora et labora in difesa della vita che chiede, tramite un’iniziativa popolare intitolata Un cuore che batte, di obbligare le donne ad ascoltare il battito del feto prima di procedere con l’interruzione di gravidanza. La proposta chiede di inserire nella Legge 194 questo comma: «Il medico che effettua la visita che precede l’interruzione volontaria di gravidanza ai sensi della presente legge è obbligato a far vedere, tramite esami strumentali, alla donna intenzionata ad abortire il nascituro che porta nel grembo e a farle ascoltare il battito cardiaco dello stesso».

Cosa prevede la Legge 194

La Legge 194 del 1978 ha reso legale l’aborto entro i primi 90 giorni di gravidanza e, in caso di grave pericolo per la donna, anche oltre quel termine. Consente alla donna, nei casi previsti, di poter ricorrere alla IVG in una struttura pubblica come ospedali o poliambulatori convenzionati con la Regione di appartenenza. Attualmente questa legge non contempla metodi che puntino al senso di colpa, ma non è nuovo che un’associazione anti abortista decida di promuovere iniziative per modificare la legge esistente.

La proposta rilanciata dal Municipio

Sulla propria pagina Facebook, il Municipio Roma VI ha rilanciato la proposta dell’associazione aggiungendo: «Si comunica ai cittadini che è in corso una raccolta di firme per la proposta di legge di iniziativa popolare Un cuore che Batte. Gli interessati potranno recarsi presso il Municipio Roma VI delle Torri al primo piano, stanza 23 il lunedì e il mercoledì dalle ore 9.00 alle ore 12.00». Non sono mancate le polemiche da parte di qualche utente: «Cioè un sito istituzionale che sponsorizza una raccolta firme di iniziativa popolare! Ma siete impazziti? Ci sono decine e decine di proposte di iniziativa popolare, raccolte firme, petizioni e chi più ne ha più ne metta e non sono mai state pubblicizzate da un sito istituzionale!».

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