Sul dossier Caivano crescono le frizioni tra FdI e Lega

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Uno scontro normativo a bassa tensione tra ministero dell’Interno e dipartimento della Funzione pubblica di Palazzo Chigi, ma al tempo stesso un ulteriore potenziale fronte di frizione sottotraccia tra Fratelli d’Italia e Lega sul tema sicurezza. Caivano è un banco di prova per i pruriti e le ambizioni “legge e ordine” della premier Giorgia Meloni che vuole dimostrare di non essere seconda a nessuno, nemmeno a Matteo Salvini, sul terreno delle politiche securitarie, soprattutto dopo le scaramucce tra partner di maggioranza a proposito del nodo migranti. Meloni punta molte fiche sul delicatissimo caso del popoloso e difficile comune che insiste nella Città metropolitana di Napoli: a corredo dei blitz di polizia, infatti, veleggia in Parlamento un decreto legge che prevede un ampio ventaglio di misure per migliorare la condizione sociale dei residenti e per rafforzare la presenza territoriale dello Stato, sia sul versante del controllo, della deterrenza e della repressione dei reati sia su quello delle infrastrutture, della scuola e della socialità.

Su Caivano frizioni lega fratelli d'Italia
Matteo Salvini e Giorgia Meloni (Imagoeconomica).

Ora Funzione pubblica e Formez dovranno fare i conti con la grana Caivano

Uno degli emendamenti dei relatori (quindi in accordo con il governo) al decreto Caivano, in discussione nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia del Senato, ha però mandato in fibrillazione, secondo quanto risulta a Lettera43, i rapporti tra gli uffici legislativi del Viminale e quelli di Palazzo Vidoni che ospita il ministro Paolo Zangrillo e il dipartimento per la Pa. La modifica normativa crea infatti un articolo 1-bis che prevede «disposizioni per il rafforzamento della capacità amministrativa» della cittadina campana, il cui consiglio nel frattempo è stato sciolto dal Cdm per infiltrazioni mafiose lo scorso 16 ottobre, con l’affidamento della gestione a una Commissione straordinaria per 18 mesi. In pratica, si tratta di interventi per migliorare le performance tecniche e operative del municipio, attività che verrebbero ora demandate, nonostante la presenza dei tre commissari prefettizi, al dipartimento della Funzione pubblica. A Vidoni si prevede così la nascita a costo zero di un nuovo ufficio, con un dirigente di prima fascia, due di seconda fascia e 10 funzionari individuati tra il personale in servizio presso la Presidenza del Consiglio. Nella visione del governo, la nuova struttura dovrà correre in sostegno agli enti locali più “difficili” e, almeno per Caivano, potrà avvalersi del Formez, l’associazione di diritto privato in house di Palazzo Chigi attiva sui concorsi e sul reclutamento del personale pubblico, ma anche su formazione, qualificazione e ammodernamento delle Pa. In pratica ci sono 10 unità di personale del Dfp, guidate dal dirigente Alfonso Migliore, e 10 del Formez, coordinate dal dirigente Francesco Rana, che hanno iniziato a fare i conti con la gatta da pelare Caivano e dovranno occuparsene per i prossimi 24 mesi. Peraltro, risultano già i primi sopralluoghi nelle stanze del Comune campano, in cui pare che l’accoglienza da parte della dirigenza locale, ormai esautorata dal commissariamento, non sia stata esattamente calorosa. Alla faccia dell’ottimismo (della volontà) espresso da Zangrillo: «Abbiamo bisogno di fare sistema anche con la comunità di Caivano, a partire dai dipendenti del Comune».

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Paolo Zangrillo, ministro della Pa (Imagoeconomica).

I malumori al Viminale per le prerogative conferite a Zangrillo e la sovraesposizione di Mantovano

Ancor meno caloroso è però, secondo quanto trapela, l’atteggiamento del ministero dell’Interno di fronte a una norma che conferisce  agli uffici del Dfp prerogative per le quali le strutture del collega Matteo Piantedosi contano addirittura su un dipartimento ad hoc e cioè gli Affari interni e territoriali. Non a caso, risulta che l’emendamento al decreto abbia avuto una genesi abbastanza tribolata nel ping-pong tra le scrivanie di Vidoni e quelle del Viminale. Il ministro “tecnico” in quota Lega ci tiene a fare bella figura con Palazzo Chigi e con Meloni, verso la quale è in lento e strategico avvicinamento “politico” dopo aver subito un lungo e logorante stillicidio di frecciate da parte dei salviniani sul fronte immigrazione. Dunque, tra stanze e corridoi dell’Interno vedono come un intralcio l’ingresso a gamba tesa della Funzione pubblica nel dossier Caivano. Peraltro, da voci raccolte, una qualche tensione era già sorta quando Chigi ha sostituito il primo commissario prefettizio, Gianfranco Tomao, con la citata commissione composta da Filippo Dispenza, Simonetta Calcaterra e Maurizio Alicandro. Mentre, dall’altra parte, in tanti hanno notato la sovraesposizione del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, solitamente molto discreto, nell’affaire Caivano, a testimonianza di uno degli obiettivi politici di Meloni: mettere il marchio di FdI sull’operazione, a discapito dell’alleato leghista.

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Matteo Salvini e Matteo Piantedosi (Imagoeconomica).

Le preoccupazioni di Palazzo Vidoni

Anche alla Funzione pubblica e al Formez, però, le obiezioni preoccupate non mancano. A molti non sembra sostenibile un approccio per cui il dipartimento e una associazione privata come il Formez stesso «vanno lì in pianta stabile e si mettono in mezzo alla gestione prefettizia su materie delicatissime, in un territorio difficile come Caivano», si sfogano due fonti qualificate vicine al dossier. «È pure un tema di sicurezza: chi glielo fa fare a un semplice funzionario di una amministrazione centrale di andare giù e mettere le mani in questioni come le case popolari o i sostegni economici ai ceti deboli, prendendo decisioni che possono accontentare qualcuno e scontentare qualcun altro, magari qualcuno che potrebbe reagire molto male?». In effetti, l’emendamento si riferisce a un’azione di efficientamento amministrativo che riguarderebbe anche settori come le politiche sociali, i servizi alla persona, i lavori pubblici o l’anagrafe. Oltre alla finanza, la polizia locale e l’attuazione dei progetti, compresi quelli del Pnrr. «Finché eravamo di fronte a uno scioglimento “leggero”, si poteva pure comprendere un provvedimento del genere. Ma ora», aggiungono i due addetti ai lavori, «siamo davanti a un pieno mandato ai tre commissari prefettizi. Sinceramente, non sembra che i dipendenti della Funzione pubblica o del Formez siano le figure più adatte per andare lì a determinare situazioni delicatissime. Si prendono rischi che potrebbero riguardare persino la loro incolumità».

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